Storie di donne dalle carceri
progetto di e con Chiara Tomarelli
atto unico per voce sola
Drammaturgia Chiara Tomarelli e Linda Dalisi
Disegno Luci Giuseppe di Giovanni
Aiuto regia Ilenia Caleo
dal 4 al 6 novembre 2011 Teatro Due
(venerdì – sabato ore 21.00, domenica ore 18.00)
all’interno della rassegna Sguardi S-Velati
Non si entra facilmente in un carcere, sia fisicamente che mentalmente. L'avvicinamento va costruito con umiltà, nel tempo, con la conoscenza di cosa vuol dire carcere e reclusione, attraverso un percorso sincero e vero.
E’ con questo spirito che Chiara Tomarelli, attrice e regista guidata da una fertile ossessione che la spinge verso le zone più marginali e fragili del nostro tessuto, ha deciso di accostarsi al mondo delle carceri femminili. Con l’ appassionata, curiosa cautela di chi cerca una risposta.
Lo spettacolo parte da questo. Dall' ossessione, anche goffa, di una ragazzina verso questo luogo, separato tramite un muro dal resto del mondo: luogo inaccessibile, intoccabile, diverso all’interno della città, eppure ricco di vita, anche se invisibile e sconosciuta.
Chi abita e come quelle mura? Chi abita quelle voragini isolate?
E' un susseguirsi di storie a raccontare delle risposte possibili. Il loro avvicendarsi descrive un cammino lungo il quale Chiara Tomarelli assume sul suo corpo e nella propria voce le testimonianze raccolte, ciò che ha conosciuto girando per le carceri italiane, per poi analizzarlo, reinventarlo, emozionarcisi e restituirlo.
Un intenso e grande lavoro di documentazione sull’ ”istituzione carcere”, sia cartacea, mediante l’analisi di testi, saggi e riflessioni, che umana e personale, grazie ai racconti di Lory, Paola, Maria, Gisella, Alessandra, hanno reso possibile fare di questa indagine un’esperienza.
Le testimonianze ricevute da queste donne, detenute ma anche agenti di polizia penitenziaria, rumene e italiane, mogli e madri, restituiscono ad ognuna di esse un nome, una famiglia, una storia.
CHIARA TOMARELLI
Sono incuriosita da ciò che è invisibile, dai luoghi del nostro vivere che sono nascosti, sia per volontà che per natura; ho questa ossessione di inoltrarmi nelle zone marginali e più fragili del nostro tessuto, laddove le contraddizioni sono all'ordine del giorno e dove i silenzi e le ombre oscurano appunto la visione. Soprattutto alla maggior parte della società civile.
Da anni ho un'attenzione particolare verso il femminile nella società, iniziata un po’ casualmente, con la messa in scena di un bellissimo testo sulle donne kamikaze, Donna Bomba. Successivamente sono nati Madonne di Beslan spettacolo che ricostruiva attraverso le testimonianze delle madri, la tragedia dell’attentato a Beslan, L’Anima Innamorata, una riflessione sulla follia con Alda Merini, e questo work in progress sulle donne e il carcere.
Ci tengo a sottolineare che si tratta di un work in progress perché un tema del genere va analizzato profondamente e attraverso una serie di tappe.
Il progetto “Stelle Danzanti – Storie di donne dalle carceri”, ispirandosi al teatro di narrazione e alla forza penetrante del teatro civile, tenterà di aprire al pubblico la nietzschiana “porta carraia”, quella soglia che congiunge la via del passato e la via del futuro, accompagnandolo in un gioco di fuori e dentro il luogo. Fisico, mentale, emotivo
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