L“anti-pièce”, definita così dallo stesso Ionesco, datata 1950, incarna il primo esempio di un genere teatrale allora ai suoi albori, il teatro dell’assurdo, un genere caratterizzato dallo straniamento tramite l'utilizzo esasperato di frasi fatte, dialoghi contrastanti, luoghi comuni.
Otto sedie e qualche gioco di luce: questo è lo scenario nel quale ruotano le interminabili conversazioni dei personaggi, tra giochi d’opposizione, non-sense e colpi di scena. Non serve altro perché grazie all’efficacia della regia e alla bravura degli attori il pubblico viene preso per mano e accompagnato in un “assurdo” viaggio nelle non-vite dei personaggi che cercano disperatamente qualcosa da dire. Tra i rintocchi di una “pendola” assistiamo alle conversazioni dei coniugi Smith e Martin, della cameriera Mary e del capitano dei pompiere, incapaci di essere originali e chiusi all’interno di osservazioni stereotipate sottomesse alle convezioni sociali, ai luoghi comuni. Incapaci in sostanza di comunicare l’uno con l’atro. Ed è proprio questo il messaggio, il dubbio che Ionesco ci insinua nella testa con “La Cantatrice Calva”: siamo ancora in grado di comunicare o il linguaggio ha perso il suo ruolo d’intermediazione tra gli esseri e non fa che accentuare l’incomunicabilità? Una provocazione bella e buona sta alla base di questo testo che indubbiamente una volta entrati nell’ottica drammaturgica ci provoca risate per l’assurdità che caratterizza il linguaggio e il comportamento dei personaggi ma che dovrebbe anche lasciare un po’ di amaro in bocca mettendo in discussione la veridicità dei rapporti umani.
Passando, senz’alcuna transizione, da un argomento all’altro abbiamo gli Smith (Claudia Campagnola e Stefano Themes) tanto inglesi quanto intrappolati nelle loro abitudini da non riuscire a dare un senso alla loro esistenza; i Martin (Sara Greco Valerio e Fabio Galadini) privi di individualità e invischiati nelle convenzioni sociali alla perenne ricerca di una felicità stereotipata; il capitano dei pompieri (Ariele Vincenti), un personaggio che sottolinea l’assurdità delle funzioni sociali e rivela la complessità di un mondo reso incomprensibile dalla sua infinita relatività; la cameriera Mary (Vania Venuti), una figura prosaica, divisa tra il suo lavoro di domestica e il desiderio di affermare la propria personalità, incaricata di svelare una verità, una verità che non è sempre bene dire. E l’enigmatica Cantatrice Calva? Beh, lei nonostante dia il titolo all’opera rimane sempre irrimediabilmente assente… e “si pettina sempre allo stesso modo”.
Il pubblico si perde tra le risate e l’assurdità delle situazioni in uno spettacolo pregno di divertimento, un divertimento che scaturisce in primis dal “gioco” che gli attori costruiscono sul palco, un gioco senza freni spinto all’eccesso, caratterizzando i personaggi fino al parossismo, ma rendendoli credibili dall’inizio alla fine. Un divertimento intelligente che il pubblico coglie e apprezza.
Tirando le somme lo spettacolo coglie nel segno rendendo sicuramente giustizia all’autore e allo spirito dell’opera grazie all’interpretazione degli attori e una regia ricca di intuizioni che trova il giusto equilibrio tra un “teatro ruvido” e un “teatro sacro”. Giancarlo Fares e i suoi attori vincono “comunicando l’incomunicabilità”.
Passando, senz’alcuna transizione, da un argomento all’altro abbiamo gli Smith (Claudia Campagnola e Stefano Themes) tanto inglesi quanto intrappolati nelle loro abitudini da non riuscire a dare un senso alla loro esistenza; i Martin (Sara Greco Valerio e Fabio Galadini) privi di individualità e invischiati nelle convenzioni sociali alla perenne ricerca di una felicità stereotipata; il capitano dei pompieri (Ariele Vincenti), un personaggio che sottolinea l’assurdità delle funzioni sociali e rivela la complessità di un mondo reso incomprensibile dalla sua infinita relatività; la cameriera Mary (Vania Venuti), una figura prosaica, divisa tra il suo lavoro di domestica e il desiderio di affermare la propria personalità, incaricata di svelare una verità, una verità che non è sempre bene dire. E l’enigmatica Cantatrice Calva? Beh, lei nonostante dia il titolo all’opera rimane sempre irrimediabilmente assente… e “si pettina sempre allo stesso modo”.
Il pubblico si perde tra le risate e l’assurdità delle situazioni in uno spettacolo pregno di divertimento, un divertimento che scaturisce in primis dal “gioco” che gli attori costruiscono sul palco, un gioco senza freni spinto all’eccesso, caratterizzando i personaggi fino al parossismo, ma rendendoli credibili dall’inizio alla fine. Un divertimento intelligente che il pubblico coglie e apprezza.
Tirando le somme lo spettacolo coglie nel segno rendendo sicuramente giustizia all’autore e allo spirito dell’opera grazie all’interpretazione degli attori e una regia ricca di intuizioni che trova il giusto equilibrio tra un “teatro ruvido” e un “teatro sacro”. Giancarlo Fares e i suoi attori vincono “comunicando l’incomunicabilità”.
Federica Iris
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